Ma che ti hanno fatto le Competenze Trasversali?

Tra le attività che svolgo per lavoro c’è il servizio di revisione del curriculum. Le persone si rivolgono a me perché vorrebbero un curriculum più efficace, capace di fermare l’attenzione del selezionatore sul proprio cv mentre ne fa scorrere decine sotto le dita.

Ho avuto modo di scorrere io stessa decine e decine di curriculum. Spesso si compiono errori veramente grossolani nella stesura. Tuttavia ultimamente, con sempre maggiore frequenza, si evidenzia in tanti la stessa mancanza: le competenze trasversali! Pochi si prendono la briga di definire:

“quelle caratteristiche personali dell’individuo che entrano in gioco quando egli risponde ad una richiesta dell’ambiente organizzativo e che sono ritenute essenziali in ambito lavorativo per trasformare una conoscenza in comportamento. Si tratta di capacità ad ampio spettro, non specifiche di una professione o di un ambiente organizzativo ed applicabili a compiti e contesti diversi ” (Wikipedia).

Questa sezione del cv nella migliore delle ipotesi è saltata a piè pari, nella peggiore contiene un copia-incolla dei suggerimenti segnalati da Europass (orrore!). Perché pochi parlano delle proprie competenze trasversali? E a cosa serve esattamente inserirle?

Chiedo sempre alle persone il perché di questa scelta e ottengo solitamente tre risposte:

  • Non so cosa scrivere. Non so se possiedo queste fantomatiche competenze. O forse non ho nemmeno chiaro quali siano esattamente. Quindi, nel dubbio, glisso.
  • So di cosa parliamo ma non voglio essere autoreferenziale (mica posso lodarmi da sola!). Autostima sotto le scarpe e tentativo di raccontarsi pari a zero.
  • Pensavo bastasse fare un elenco senza diventare prolissi perché poi non mi leggono.

A conti fatti, risulta abbastanza semplice inserire i dati più oggettivi: date, aziende, ruoli ricoperti perché essi sono facilmente riconoscibili e dimostrabili. In fondo, resto nella mia zona di comfort.

Fare lo sforzo di individuare le proprie competenze trasversali è tutta un’altra storia. Prima di tutto perché per raccontarle agli altri dobbiamo prima esserne consapevoli noi. E qui nasce la prima difficoltà. Siamo poco inclini a dare una valutazione di noi stessi come persone capaci di produrre risultati definendo quali sono le strategie che ci portano ai risultati stessi. Capita che si preferisca che Di siano gli altri a dircelo.

Quello che si trascura in un simile ragionamento è che la sezione delle competenze è lo spazio più personale che hai per dire perché fai quello che fai. Cosa ti spinge, cosa ti rende unica, cosa ti distingue dagli altri nel tuo personalissimo approccio al lavoro (al lavoro, bada bene, non semplicemente al ruolo che ricopri!)

E’ lo spazio nel quale non si parla più del “cosa sai fare” ma piuttosto del “come fai ciò che sai”. Sembra un gioco di parole. In realtà risponde alla dimensione che poi verrà maggiormente sondata nel colloquio di lavoro: “farà il lavoro che gli offro”? Stiamo parlando del “saper essere” e non più del “saper fare” (come avviene nella prima parte del cv).

Ci si propone sul mercato come un brand quindi con un’ identità professionale che è composta da entrambe le dimensioni del saper essere e del saper fare.

Per questa ragione la sezione Competenze diviene un primo trampolino per raggiungere e convincere il mio interlocutore. Certo, non voglio dire che ciò che scriverò mi descriverà in maniera esaustiva (ed infatti non devo scrivere un tema di maturità) ma sicuramente darà una prima impressione del mio personale approccio con il lavoro. Si trasmetterà una prima chiave d’accesso alla mia personalità e sarò io stesso ad averla suggerita.

E quindi come compilare questa sezione del cv senza essere banali? L’unico modo è legare ciò che scrivo a fatti e dati che mi riguardano e che sono realmente accaduti. Ad esempio:

  • se ho imparato la gestione dello stress perché ho militato nei vigili del fuoco argomenterò citando proprio quella mia esperienza.
  • se sono una contabile e in più organizzo anche eventi musicali, per passione, parlerò di doti organizzative riferendomi ai problemi affrontati e risolti durante l’organizzazione di un evento jazz o di quanto abbia sviluppato capacità di problem solving lavorando in emergenza in chiusura di bilancio.
  • se ho gestito una squadra di basket racconterò di quanto abbia contato la comunicazione nella gestione del mio lavoro e di come si raggiungano obiettivi concreti con un giusto mix di caratteristiche.
  • se sono arrivata in azienda e ho aumentato il fatturato del 20% in un anno… ho il dovere morale di raccontarlo.

Insomma bisogna ancorare ciò che scrivi alla tua realtà, professionale e personale.

Questo è l’unico segreto di Pulcinella. Ti costa fatica? Ignorala (la fatica, eh!) e sforzati di scrivere due righe sensate. Fai suonare la musica che decidi tu. Altrimenti qualcuno sceglierà per te e potrebbe non piacerti affatto.

 

Danila Saba
info@danilasaba.it

Aiuto le donne a raggiungere il benessere professionale che meritano attraverso scelte consapevoli, intenzionali. Supporto le aziende che vogliono raggiungere il benessere organizzativo e veicolare i cambiamenti mantenendo.

No Comments

Post A Comment